lunedì 1 febbraio 2016

Unioni civili ma non troppo


Il dibattito sulle unioni civili che sta spaccando la politica italiana non è, come tutti avranno ormai capito, un dibattito sulle unioni civili. È un dibattito invece sulla possibilità per le coppie gay di avere bambini. Il che va anche bene: significa che abbiamo fatto un passo in avanti. Significa, cioè, che sulle unioni civili siamo tutti più o meno d'accordo, anche su quelle per gli omosessuali: ciò che ci preoccupa di più, invece, è la questione della genitorialità delle coppie gay, e dell'aspetto etico su come i loro figli vengano concepiti. Peccato però che il no a questo argomento farebbe saltare l'intero ddl Cirinnà in votazione alle Camere, e con esso il riconoscimento che aspettano da tempo numerosissime coppie di fatto, non solo gay, ma anche eterosessuali.

Una legge sul tema la si aspettava da tempo, e i tentativi negli anni son stati pure numerosi. I tempi sembravano ormai maturi affinché la politica facesse il passo che la società ha già fatto, ma come al solito quando in Italia si vuole fare qualcosa non c'è verso che la si faccia per bene. Con il risultato che alla fine o non si fa un bel nulla, o si combina un pastrocchio. E i motivi per cui questo ddl Cirinnà può essere definito un pastrocchio sono essenzialmente due: la natura poco chiara e confusa del provvedimento che disciplina le unioni civili ma concentrando tutta l'attenzione sulle unioni omosessuali, e la presenza, in maniera sfortunatamente frettolosa e superficiale, della questione adozioni con l'introduzione della stepchild adoption, una previsione che aggiunge un elemento di conflittualità ad una proposta di legge che, in mancanza, avrebbe potuto superare il dibattito politico e sociale con discreto successo. 

Per quanto riguarda il primo aspetto, se l'intento del governo era quello di riconoscere alle coppie omosessuali uguali diritti rispetto a quelle eterosessuali, e di metterci al passo con il resto dei paesi europei, forse il tentativo non è stato abbastanza coraggioso. Infatti, la soluzione ideale a questo duplice scopo sarebbe stata quella del matrimonio. Una soluzione che non solo non è in contrasto con la nostra Costituzione (che all'articolo 29 sancisce "La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio" senza escludere le nozze tra persone dello stesso sesso), ma che è anche quella più facilmente praticabile rispetto alle unioni civili, proprio per la centralità data dalla Carta all'istituto del matrimonio. Inoltre, i matrimoni gay sono già previsti in numerosi paesi europei tra cui Spagna, Francia, e Gran Bretagna oltre ai paesi della Scandinavia: ottimi esempi se non vogliamo rimanere indietro.

C'è poi il tema delle adozioni. La stepchild adoption è, in teoria, una misura atta a tutelare i diritti di un minore che, trovandosi in mancanza di uno dei due genitori biologici (per divorzio, separazione o morte del coniuge), può essere adottato dalla nuova famiglia venutasi a formare. Un istituto già presente in Italia per le coppie eterosessuali, ma non per quelle dello stesso sesso. Un diritto senza dubbio da estendere, visto anche il pronunciamento del Tribunale dei minorenni di Roma che ha riconosciuto l'adozione ad un coppia di donne, ma non bisogna prescindere da tutte le conseguenze che questo può comportare. E sì, una delle conseguenze in questo caso si chiama utero in affitto, una questione talmente controversa che nemmeno sinistra e femministe sono compatte, e che andrebbe affrontata con serietà e serenità con tempi e modi diversi. 

Con questo non si vuole dire che il provvedimento sulle unioni civili sia inutile, anzi, le unioni civili sono necessariamente da introdurre nell'ordinamento proprio per ampliare il ventaglio di diritti che una normale democrazia cerca di assicurare. Il problema è che utilizzare le unioni civili come principale strumento per aumentare i diritti degli omosessuali è una mossa sbagliata sia nella teoria che nella pratica. Un vero peccato, perché la legge Cirinnà avrebbe potuto riportare il paese nella modernità dei diritti civili, ma ancora una volta è stata l'occasione per dare fiato ai tromboni del bigottismo.